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Anaffettività: quanto pesano le emozioni?


Cosa si intende per anaffettività?
L’anaffettività consiste nella riduzione o la mancanza della capacità di provare emozioni.
L’anaffettivo è una persona che non è in grado di esternare i propri sentimenti e pertanto manifesta difficoltà a relazionarsi con gli altri e presenta una scarsa espressione emotiva.
L’anaffettività va considerata come un meccanismo di difesa che permette al soggetto di non entrare in contatto con la sua emotività per non soffrire. Ha origine nell’infanzia e si innesca nuovamente ogni qual volta la persona, ormai adulta, deve entrare in contatto con il proprio mondo interiore.
 
Da cosa ha origine l’anaffettività?
La psicologia non riconosce l’anaffettività come una patologia ma come un sintomo, può avere diverse cause tra cui disturbi della personalità, depressione o traumi infantili.
Ogni bambino crea, in maniera naturale, un attaccamento verso le persone che si prendono cura di lui. Nel corso della crescita l’attaccamento può divenire sicuro, insicuro ansioso, insicuro evitante o disorganizzato, influenzando tutte le relazioni instaurate, anche durante l’età adulta.
Un adulto anaffettivo può essere un bambino che ha avuto un attaccamento insicuro evitante con la sua figura di riferimento, pertanto, ha certamente ricercato conforto e protezione in tenera età ma non ha sentito riconosciuti i propri bisogni e, per evitare di soffrire, non ha imparato ad entrare in contatto con le proprie emozioni. In questa modalità elaborativa i sentimenti vengono percepiti dal soggetto come una cosa superflua e pericolosa.
Molteplici studi dimostrano come, i bambini con attaccamento insicuro evitante, diventino genitori distaccati con difficoltà a sintonizzarsi emotivamente con i figli che, a loro volta, non imparano a riconoscere le proprie sensazioni e limitano le reazioni emotive, ponendo le basi per diventare un adulto anaffettivo.
Le ricerche in materia evidenziano, inoltre, che gli stili di attaccamento nel corso della vita possono cambiare attraverso esperienze relazionali sane, sviluppando fiducia nel prossimo o sentendosi compresi dagli altri.
Tra le possibili cause dell’anaffettività vi è anche il trauma e, in tale caso, l’anaffettività diventa una protezione che impedisce di rivivere emozioni collegate ad eventi traumatici.
La personalità anaffettiva non è una condizione irreversibile ma è un tratto rigido che si manifesta fin dai primi anni di vita. Non esiste una cura specifica ma, con supporto e coraggio, il soggetto può adottare delle strategie per migliorare la qualità della vita o mettere in atto un cambiamento.
 
Quali sono i segnali dell’anaffettività?
I segnali dell’anaffettività possono essere molteplici e possono variare da soggetto a soggetto, i più ricorrenti sono:
  • Incapacità a provare emozioni positive (gratitudine, entusiasmo, ecc.);
  • Incapacità a provare emozioni negative;
  • Alessitimia (mancanza di comprensione delle emozioni degli altri);
  • Impassibilità verso eventi importanti della vita;
  • Bassa autostima;
  • Senso di vuoto interiore;
  • Isolamento sociale;
  • Disinteresse verso progetti stabili e futuri (personali o di coppia);
  • Difficoltà ad ammettere i propri errori o a chiedere scusa;
  • Incapacità a sentirsi in colpa per le proprie azioni;
  • Incapacità di accettare critiche;
  • Difficoltà ad essere autoironici.
Come vive un anaffettivo?
Un individuo anaffettivo vive con distacco le situazioni che la vita gli pone davanti, mette al primo posto sempre la razionalità rispondendo con la ragione e la logica a tutti gli stimoli.
L’anaffettivo fatica a stabilire relazioni intime e durature a causa della barriera emotiva che non gli permette di connettersi con gli altri e di essere coinvolto dalle esperienze di vita altrui.
Nei casi più complessi evita il contatto fisico e prova disagio quando viene toccato.
La vita personale è complicata da gestire per un anaffettivo perché fatica a comprendere i segnali non verbali e le espressioni facciali degli altri, dando origine a fraintendimenti.
E’ importante notare che l’anaffettività non è sinonimo di cattiveria.
Chi si relaziona con un soggetto anaffettivo deve comunicare in maniera chiara e diretta senza fare affidamento sulla comunicazione non verbale, mantenendo sempre un approccio paziente e comprensivo.
 
L’importanza del lavoro nella vita di un soggetto anaffettivo
La sfera professionale di un soggetto anaffettivo gioca un ruolo estremamente importante.
Rispetto ad altri ambiti di vita è possibile gestire le dinamiche lavorative senza coinvolgimento emotivo, vivendo successi ed insuccessi in maniera completamente razionale.
Il lavoro è una componente su cui la persona anaffettiva, solitamente, investe molto perché è un ambito della vita più vicino alla logica e, pertanto, non viene vissuto dal soggetto come un pericolo.
Il rapporto con colleghi, clienti o superiori può essere di difficile gestione per il soggetto anaffettivo a causa dell’incapacità di comprendere i segnali non verbali, motivo per cui spesso si generano fraintendimenti.
 
Come riconoscere un partner anaffettivo?
L’incapacità di governare il proprio mondo emotivo porta l’anaffettivo ad avere rapporti superficiali e privi di emozioni coinvolgendo, talvolta, partner realmente interessati.
Spesso, infatti, il soggetto anaffettivo è abile a far passare chiusure emotive e distanza relazionale (evitando situazioni di affetto e dolcezza) come comportamenti normali, spingendo l’altro a mettersi continuamente in discussione.
Questi limiti relazionali fanno sentire il partner solo, nonostante la vicinanza fisica, e disorientato per l’assenza di reciprocità e la mancanza di attenzioni.
Conoscere la natura di una persona non è immediato, possono volerci anni di relazione e diversi tentativi di ridefinizione del rapporto.
Provare a comprendere come vive e come si relaziona un soggetto anaffettivo è complicato ma conoscere le dinamiche può aiutare ad accettare la situazione, senza illudersi di poterlo cambiare.
E’ importante non incolparsi se il partner anaffettivo mantiene un atteggiamento freddo e distaccato ed importante tenere a mente che solo un lavoro fatto dal soggetto stesso sul proprio vissuto e sulle proprie emozioni può portare a dei risultati duraturi.
 
Quale possono essere i rimedi per l’anaffettività?
Riconoscere di essere anaffettivi o di essere coinvolti in una relazione con una persona anaffettiva, è certamente il primo passo per poter iniziare un percorso di cambiamento attraverso la psicoterapia.
Il punto focale è rinunciare gradualmente al controllo che il soggetto attua su tutto il suo mondo emotivo.
La terapia può essere rivolta alla persona anaffettiva, al partner o alla coppia:
  • La terapia rivolta alla persona anaffettiva è finalizzata a contattare il proprio bisogno di dare e ricevere affetto. Spesso si concentra sulle sensazioni corporee per aiutare il soggetto ad ascoltarsi e riconoscere ciò che sente. Riconoscere i sentimenti permette di notare e rispettare le emozioni altrui, punto di partenza per la costruzione di relazioni affettive soddisfacenti.
  • La terapia rivolta al partner è finalizzata a ritrovare un equilibrio personale messo in crisi dall’ insoddisfazione della sua vita sentimentale priva di affetto ed emozioni.
  • La terapia di coppia può essere fatta se il partner anaffettivo comprende le difficoltà che vive l’altro e rintraccia in questo una motivazione per creare una maggiore soddisfazione sentimentale.
 
Se ti riconosci in una di questa dinamiche e senti il bisogno di migliorare la qualità della tua vita rivolgiti al Centro San Michele Soc. Coop. Soc. per avere maggior informazioni in merito alla psicoterapia e alla terapia di coppia svolta dai nostri professionisti.

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